Per fare più in fretta, andate sul mio sito "brunomarzi.eu" e cercate la parola Garlasco con la lente di ingrandimento. Troverete una serie di post recenti in cui spiegavo, alla luce, delle novità investigative, la conferma di una mia teoria. La conferma c'è stata ieri sera nella puntata di "Lo stato delle cose" di Massimo Giletti. Le dichiarazioni di uno sciroccatissimo avvocato Lovati, difensore di Sempio al capolinea o quasi, a un furbissimo Fabrizio Corona hanno indicato quella rotta in cui io, con alcuni, ho sempre creduto. Paura, ricatto, minacce ancora oggi reali e che spaventano i protagonisti. "Quelli che hanno ucciso la povera Chiara hanno minacciato della stessa fine Stasi e altri, se avessero raccontato quello che sapevano", ha detto Lovati a Corona, durante una lunga chiacchierata fatta passare par lo script di una teorica fiction. Una scusa che vacillava da giorni. Se uno sente la registrazione audio/video capisce perfettamente che il settantacinquenne avvocato, sì divertente ma anche molto triste e patetico, ha detto chiaramente il suo vero pensiero. Se sia o meno la verità lo diranno gli investigatori. Alberto Stasi è sempre più al margine della vicenda: più vittima che carnefice. "Te la giochi in tribunale", pare che avessero detto coloro che lo minacciavano. In tutta questa storia, in cui le porcate del famoso santuario sembrano deflagare potentemente, la figura più bella la sta facendo proprio quel "disgraziato" di Fabrizio Corona. Semel in anno, anzi in trentennio direi, la buonanima di suo padre, famoso e bravo giornalista, sarebbe alla fine orgoglioso. La trovata di Corona (tutti conosciamo la sua complessa esegesi) ha portato però a una verità giornalistica inoppugnabile. Fabrizio ha fatto parlare a lingua sciolta e in buona fede Lovati, così come non era mai successo in ore e ore di confronti televisivi sulle varie reti, ottenendo quello scampolo di verità che potrebbe diventare l'abito della Giustizia. Una grande storia ignobile che si sta tramutando in farsa all'italiana, come avevo già spiegato ricordando un grande Tognazzi ne' "Il commissario Pepe" di Scola. No: non una farsa ma una tragedia, con macchie quasi indelebili per la Legge, l'Arma, il Clero e la Società borghese di provincia in genere.
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