Come annunciato, sono andato al vernissage della mostra di Silvia Pepe "Vitriol Veritas", all'Hyatt Centric di Milano visibile tutti i giorni fino al 4 gennaio. Lei sembra una bimba minuta, ma ha 37 anni portati benissimo. Lo dico perché l'approccio solare di questa ragazza milanese non appariscente, disponibile e allo stesso tempo raffinata, è tra i più interessanti tra quelli che recentemente, e anche meno recentemente, mi è capitato di riscontrare. Nel mezzo di tanta paccottiglia umana, questa giovane cantante lirica fior di Conservatorio ("Arte e musica: vedrò dove mi porta il futuro") che si dedica con passione e gusto all'utilizzo di materiali plastici "poveri" per realizzare strutture molto originali, mi sembra un bicchiere di acqua fresca.
Si capisce che vive con il suo corpo. Lo usa per cantare con un vocione da soprano molto potente (fa una piccola performance per i tantissimi presenti al vernissage) adatta, come ci spiega, al repertorio che preferisce ("Puccini, Verdi e i compositori russi"), anche se per potenza sarebbe una Butterfly molto alla Kabaivanska. Gliel'ho detto e ha sorriso. Un veloce excursus sulle opere allora. Leggere ma non delicate, vivono di luci e colori. Molte di grandi dimensioni, altre più minute, come la serie dei tarocchi.
L'idea di usare il modesto vinile, lavorato a caldo e arricchito di suggestioni luminose, è indubbiamente originale. Onore al merito del curatore Luigi Pedrazzi che dà lustro a Silvia Pepe nel raffinato hotel milanese della catena Hyatt, vicino alla stazione Centrale, in cui ci si sente un po' di casa.
Sto mettendo ancora in ordine i miei pochi scatti di stasera, me quello che pubblico, elaborato il minmo sindacale, mi sembra molto suggestivo.
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