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Leggero come una farfalla. Complici i cinquant'anni gioiosamente innaffiati di lambrusco, le tante glorie non solo musicali, con libri di successo, e la malcelata voglia di portare tutto il cantautorato allo status di Musa maggiore, Francesco Guccini pubblica un nuovo album. Sono nove canzoni dal sapore sia antico sia nuovo, che proporrà in una manciata di concerti nei palasport. Partenza da Parma, il 3 febbraio, con tappe a Padova, il 24 marzo, e Udine, il 29 aprile, per concludere a Livorno il 5 maggio. Quattro o cinque al mese.
Il titolo del disco? Nessun fraintendimento. Come ampiamente spiegato nelle note di copertina, "Parnassius Guccinii", più che a riferimenti "divini", si sposa alla scoperta, due anni fa, di una nuova farfalla sull'appennino tosco-emiliano, a due passi da Pàvana, dove Francesco abita. Lo scopritore, dottor Giovanni Sala, ha cos omaggiato il famoso artista "montanaro", il quale, dal canto suo, ha ricambiato con la citazione. Punto e a capo.
Il disco è un impasto di suoni e sangue; o, se si vuole, di ottima musica e testi centratissimi. Ecco il country leggero per le parole pesanti di "Canzone per Silvia" - la Baraldini imprigionata negli Stati Uniti per un reato di opinione - in cui al cielo della Florida - "... Uno straccio bagnato di celeste" - si contrappone la cella d'isolamento della nostra connazionale, vittima di "... un' America bigotta".
"Acque" e "Samantha", con i fantasmi di antiche canzoni che aleggiano - da "Emilia" a "Eskimo" - vivono di suoni molto ben missati da Ezio de Rosa, dovuti alla bravura di gente come Antonio Marangolo e Roberto Manuzzi al sax, Gianni Coscia alla fisarmonica, e Lucio Fabbri, violino "epico" come quello di Scarlet Riveira nella dylaniana "Hurricane". Gli altri sono i "soliti noti": Vince Tempera alle tastiere, Ellade Bandini alla batteria, Ares Tavolazzi al basso e Juan Carlos "Flaco" Biondini alle chitarre, nonché co-autore e seconda voce in "Luna fortuna".
Le canzoni sono tutte ricche di spunti, in cui si specchia, come vent'anni fa, la Società d'oggi. Si va da "Farewell" a "Nostra signora dell'ipocrisia", a "Non bisognerebbe" e "Parole". "Dovevo fare del cinema", poi, è un'antica, piacevolissima canzone di Guccini e Giampiero Alloisio, con cui Francesco, unitamente a Giorgio Gaber, aveva allestito, parecchi anni fa, uno spettacolo teatrale al Carcano di Milano.
Bella la copertina del cd, con tanto di farfalla in campo blu, e bello il disco che, per caso o no, vede la luce a tre giorni di distanza da quello di Jovanotti. Teoricamente agli antipodi, i due si ritrovano nel nuovo, anarcoide, senso di consapevole ribellione che, vivaddio, pervade la musica leggera italiana: quella migliore e "giovane".
Bruno Marzi
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