Non appartengo a quella categoria di sputasentenze (ce ne sono tanti) che hanno come centro di interesse far capire che ne sanno assai di musica, e invece di cercare di farti capire lo spessore di un'artista, specialità nella quale evidentemente non sono attrezzati, ti propinano una pseudo biografia (evidentemente IA per fare prima) pedissequamente zeppa di errori. Io cerco di fare l'opposto, e per questo motivo spesso mi esprimo attraverso una canzone "live" che spieghi meglio di mille parole. Ho scoperto questo grandissimo artista canadese, con tanta Italia dentro e fuori, nel 1977, quando uscì "A Pauper in Paradise", album passato mille volte in radio e che, con il successivo "Brother to Brother", considero un'assoluto capolavoro del pop-jazz più originale e colto dai tempi di Sinatra, con in più un'anima rock e la caratura di uno strumento vocale raffinatissimo. Quelli che vi raccontano di IA non vi diranno mai che stava per diventare un professsionista del baseball come Al Jarreau o che successivamente ha avuto l'enorme dolore di perdere l'amatissima moglie. A proposito del baseball ricordo che lui e io monopolizzammo un'intervista parlando proprio di baseball, con i colleghi un po' in disparte, e la responsabile dell'ufficio stampa (Marina) si incazzò "a lot"... O è stato con Jarreau? Forse, con tutti e due. Bei tempi.
"Appaloosa", che per esempio vi consiglio, unisce perfettamente la raffinatissima canzone (il titolo parte da una famosa razza di cavalli, animali citati anche in "Wild Horses") con una strepitosa performance vocale e un'orchestrazione di gran classe. Tra l'altro, questo ragazzo di 72 anni si mantiene in splendida forma, e i suoi show sono imperdibili. Venne una sola volta in Italia dal vivo, a Milano e c'ero, e fu ospite del Festival di Sanremo nel 1985 con "Black Cars", una delle sue tante hit mondiali. Non si è fatto mancare nemmeno un duetto con Massimo Ranieri.
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