
MILANO. Maggio
E’ tornato Calimero, il vecchio amico di tante generazioni di italiani, e noi lo abbiamo intervistato. Cosa resta infatti di un personaggio immaginario? La voce, naturalmente; quella che, grazie a uno strano birignao, è ancora oggi nell’ immaginario collettivo di tante persone per storiche frasi come “Uuh, che maniere!” o “E’ un’ ingiustizia, però!”. Fenomeno italiano? Mondiale. Basta cercare su Internet, e i “siti” dedicati a Calimero e alla sua sfortunata filosofia di vita si contano a centinaia. Un gruppo rock scozzese gli ha dedicato una canzone. Le sue avventure a disegni animati, infatti, sono state viste in 150 Nazioni nel Mondo.
Complice “Carosello”, il programma di Raidue condotto da Ambra che tanto fa discutere per i bassi indici d’ ascolto domenicali, ma che ha riempito di polemiche le pagine dei giornali, torna in auge il buffo pulcino nero con il guscio rotto in testa, creato dai fratelli Pagot per la pubblicità di un famoso detersivo e dotato di “vocina” dall’ attore e soggettista Ignazio Colnaghi. I bambini scoprono così un nuovo amico, mentre i più grandi (il programma terminò giusto vent’ anni fa) provano nostalgia per i tempi in cui si andava “a letto dopo Carosello”; cioè dopo quelle pubblicità “d’ autore” che erano veri e propri racconti.
Il Calimero che oggi vediamo dialogare con Ambra in televisione non è più un susseguirsi di immagini su pellicola, ma l’ invenzione “virtuale” del computer. Quello creato dalle matite dei Pagot ha una storia decisamente più romantica.
Ignazio Colnaghi, classe 1924, sportivo praticante (<Il mio vero lavoro è quello di maestro di sci a Courmayeur!>, afferma) e attore di grande scuola (<Quella che manca a molti giovani>) prima ci ricorda gli esordi con Strelher, Santuccio e Proclemer al “Piccolo Teatro”, e poi commenta quella strana notorietà, e successo finanziario, portata dal nascente mondo della pubblicità televisiva.
<Ero già affermato doppiatore di “Caroselli”, come “Zaccaria, diavolo di terza categoria”. Facevo anche Topo Ino, il topo “cittadino” che discuteva con il Topo Gigio di Peppino Marzullo. Sono stato anche la voce di “Orzoro”, “Papalla”, “Negroni”, così come della “Settimana Incom” al cinematografo. La Mira Lanza chiese ai Pagot un personaggio simpatico per la loro pubblicità. Era il ‘61, forse il ‘62... Creammo il ”Baco Giovannino”, che aveva già la voce del futuro Calimero>.
Non funzionò?
< Non molto. Era carino ma un pò “schifosetto”. Chi, meglio di un pulcino, poteva piacere a tutti? Il nome Calimero arrivò perchè Nino Pagot si era sposato a Milano nella chiesa di San Calimero, dalle parti di corso di Porta Romana, dove aveva gli uffici con il fratello. La prima storia raccontava di una chioccia dall’ accento padovano che disconosceva quel pulcino caduto nella fuliggine e nero all’ apparenza>.
Poi cosa accadde?
<Di tutto. Doppiai 130 episodi, più i film della “serie” pomeridiana che ne fu tratta per la “Tivù dei ragazzi”. E’ strano. La gente non ti ricorda per il “Macbeth” o l’ “Enrico IV”, che furono le prime edizioni televisive, o la parte del vecchio mugnaio nel “Mulino del Po”... Il giovane mugnaio era Raf Vallone; io ho sempre fatto la parte del vecchio. A quei tempi il regista affidava le “parti” per scelta tecnica. Oggi il giovane fa solo il giovane, il biondo solo il biondo, eccetera. E questo, come dicevo, succede perchè i nuovi attori non hanno una vera scuola alle loro spalle>.
A proposito di giovani, come va con Ambra?
<Molto bene. Lei è brava, ma, specialmente nella prima puntata di “Carosello”, non ha avuto il tempo di provare gli interventi ed è stata mandata allo sbaraglio; un po’ come noi tutti. Solo che io ho potuto improvvisare, grazie a 50 anni di esperienza. Lei ha retto fino alla fine, poi si è chiusa nel camerino due ore per recuperare lo stress... >.
Colnaghi, figlio di un impiegato di banca, è sposato con la signora Magda, conosciuta durante una vacanza a Sanremo, nel primo Dopoguerra. Due le sorelle. Maria Ines è primario all’ Istituto Tumori di Milano e autrice di un importante studio sull’ Interferon; Nelly è pediatra. La figlia Laura è stata una campionessa di sci, cioè della “malattia di famiglia”. Orgoglioso?
<Mah. La mia è un’ antica famiglia milanese. Ancora oggi mi piace scrivere racconti e poesie in dialetto, nello stile del grande Porta. Per me, “appartenenza” vuol dire “clan”: qualcosa legato alle proprie radici, ad amicizia e comprensione. Rabbrividisco quando sento parlare di “padanie” o secessioni. La cultura popolare ha sempre espresso esattamente il contrario!>.
Parola di Calimero.
BRUNO MARZI
La foto è mia. Non si sa come (o forse sì) è finita su un sito di vendite... Stiamo risolvendo. Ecco perché...
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