Stasera, anestetizzato il moloch Garlasco e le sue trame per qualche giorno, mogliedotato ho guardato con rilassatezza su Prime - in regalo con Sky - "Il mio amico pinguino" ("My penguin friend"), storia vera di João Pereira de Souza, pescatore brasiliano che vive in un posto da favola ma che ha subito una profonda lacerazione dalla vita, perdendo il figlio bambino nel giorno del suo compleanno. Storia vera, ricordo, che un grande Jean Reno, stupenda maschera di vecchio dentro (la moglie Maria è l'ottima Adriana Barraza, messicana) ha sublimato con una interpretazione estremamente misurata, ma ricchissima di coloriture. Il resto è favola di oggi.
João salva un pinguino, arrivato stremato e ricoperto di petrolio nella laguna da sogno, regno dei pescatori locali. Lo pulisce, rifocilla e cura con amore (il transfert ricorrente è con il mancato salvataggio del figlio nella tempesta). Dopo un periodo di reciproca conoscenza, il pinguino riprende la migrazione di ritorno verso la Patagonia, ottomila chilometri più a sud. Il pescatore è certo di avere perso l'amico, e invece lo vedrà ritornare per ben otto anni (la via media è di vent'anni). Una bimba, figlia dell' allora amichetta del cuore di suo figlio morto, lo chiamerà Dim Din; la notizia, che passa già tramite i cellulari (siamo nel 2016) renderà la storia virale.
Non aggiungo altro, avendo detto già troppo. Le chiavi di lettura sono molteplici, ma si riassumono facilmente in un senso di riappacificazione tra uomo e Natura che rimane purtroppo una storia un po' a sè. Ça va sans dire che l'attore migliore è proprio il pinguino, e sarebbe curioso scoprire i retroscena dell'addestramento. Tra un panettone e l'altro.
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